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La storia riscritta [Retroscena]


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Per i conquistatori, la prima, vera prova di forza arrivò da lord Darklyn di Duskendale e da lord Mooton di Maidenpool, i quali si unirono e marciarono a sud con tremila uomini per ricacciare in mare gli invasori. Aegon inviò Orys Baratheon ad attaccarli durante la marcia, mentre lui stesso calava su di loro in groppa a Terrore Nero. Entrambi i lord restarono uccisi nella battaglia unilaterale che seguì: all’indomani della quale il figlio di Darklyn e il fratello di Mooton consegnarono i loro castelli e giurarono fedeltà a Casa Targaryen. A quel tempo Duskendale era il principale porto occidentale del Mare Stretto, la sua prosperità dovuta proprio al commercio che per esso transitava. Visenya Targaryen impedì che la città venisse saccheggiata, ma non esitò a reclamarne le ricchezze, le quali accrebbero notevolmente i forzieri dei conquistatori.
A questo punto, forse è giunto il momento di passare in rassegna le differenze di carattere tra Aegon Targaryen e le sue sorelle e regine.
Visenya, la maggiore dei tre fratelli, era un guerriero al pari di Aegon, a proprio agio con la maglia di ferro come con la seta. Portava la spada lunga Sorella oscura che usava con destrezza, essendosi addestrata fin da piccola con il fratello. Pur avendo i capelli argenteo-dorati e gli occhi viola dei valyriani, ostentava una bellezza brusca e austera. Anche le persone che l’amavano di più trovavano che fosse rigida, severa, implacabile; alcuni dicevano che si trastullasse con i veleni e si dilettasse di magia nera.
Rhaenys, la minore dei tre Targaryen, era tutto ciò che la sorella maggiore non era: giocosa, curiosa, impulsiva, portata ai voli di fantasia. Affatto guerriera, amava la musica, il ballo e la poesia, e manteneva numerosi cantastorie, attori e guitti. Inoltre si diceva che trascorresse più tempo a dorso di drago di quanto non facessero entrambi i suoi fratelli congiuntamente, poiché volare era la cosa che le piaceva di più. Una volta qualcuno l’aveva sentita dichiarare che, prima di lasciare il mondo dei vivi, aveva intenzione di attraversare insieme a Meraxes il Mare del Tramonto, per vedere che cosa c’era sulle sue coste occidentali. Mentre nessuno aveva mai dubitato della fedeltà di Visenya al fratello/marito, Rhaenys si circondava di giovani attraenti e si sussurrava ne ospitasse perfino alcuni nelle sue camere da letto le notti in cui Aegon si appartava con la sorella maggiore. Tuttavia, nonostante queste voci, gli osservatori a corte non potevano fare a meno di notare come il re trascorresse dieci notti con Rhaenys per ogni notte con Visenya.
Quanto a Aegon Targaryen, stranamente, egli rimaneva un enigma tanto per i suoi contemporanei quanto lo è oggi per noi. Armato della lama d’acciaio di Valyria chiamata Fuoconero, era annoverato tra i migliori guerrieri della sua epoca, a dispetto della sua mancata predilezione per i fatti d’armi e del suo non prendere mai parte a mischie e tornei. La sua cavalcatura era Balerion il Terrore Nero, ma il re volava soltanto in battaglia o per spostarsi rapidamente sopra terre e mari. La sua presenza autorevole attirava uomini sotto i suoi stendardi, tuttavia non aveva amici intimi, tranne Orys Baratheon, suo compagno d’infanzia. Le donne erano attratte da lui, ma Aegon rimase sempre fedele alle sue sorelle. Come re, aveva grande fiducia nel consiglio ristretto e, di nuovo, nelle sue sorelle, affidando a loro gran parte del governo ordinario del regno... benché non esitasse ad assumere il comando ove e quando lo ritenesse necessario. Pur trattando ribelli e traditori con durezza, era comunque magnanimo con i nemici che facevano atto di sottomissione.
Di ciò, egli diede prova la prima volta a Forte Aegon, il castello in terra e legno che aveva costruito sulla sommità di quella che da allora in poi e per sempre sarebbe stata nota come l’Alta Collina di Aegon. Avendo conquistato una dozzina di castelli e il controllo della foce delle Rapide Nere su entrambe le sponde del fiume, comandò ai lord che aveva sconfitto di rendergli omaggio. Una volta che essi ebbero deposto le loro spade ai suoi piedi, Aegon li fece rialzare e li confermò nelle loro terre e nei loro titoli. Ai sostenitori più vecchi tributò nuovi onori: Daemon Velaryon, lord delle Maree, fu nominato maestro della flotta, al comando della forza navale, Triston Massey, lord di Stonedance, maestro delle leggi e Crispian Celtigar maestro del conio. Infine, dichiarò Orys Baratheon «mio scudo, mio prode, il mio valido braccio destro». È per siffatta ragione che Orys Baratheon è riconosciuto dai maestri come il Primo Cavaliere del re della storia.
Gli stendardi araldici avevano una lunga tradizione tra i lord del continente occidentale, ma non erano mai stati in uso presso i signori dei draghi dell’antica Valyria.
Quando i cavalieri di Aegon srotolarono il grande vessillo di guerra in seta, con un drago a tre teste che sputava fuoco, i lord lo presero come un segno che ormai Aegon stesso era diventato uno di loro, degno di regnare sui re del continente occidentale. Quando la regina Visenya pose l’anello d’acciaio di Valyria ornato di rubini sulla testa del fratello e la regina Rhaenys lo salutò come «Aegon, primo del suo nome, re dell’intero continente occidentale e scudo del suo popolo», il drago ruggì e i lord e i cavalieri lanciarono un grido... ma furono il popolino, i pescatori, i contadini e le massaie a gridare più forte di tutti.
Per contro, i sette re di Westeros che Aegon il Drago era determinato a detronizzare di certo non esultarono.
A Harrenhal e a Capo Tempesta, Harren il Nero e Argilac l’Arrogante avevano già chiamato a raccolta i vessilli. A ovest, re Mern dell’Altopiano percorse a cavallo la Strada del Mare verso nord fino a Castel Granito, per incontrarsi con re Loren di Casa Lannister. La principessa di Dorne inviò un corvo messaggero alla Roccia del Drago, offrendo di unirsi a Aegon contro Argilac il re della Tempesta... ma come pari e alleata, non come suddita. Un’altra offerta di alleanza arrivò da Ronnel Arryn, il re ragazzino di Nido dell’Aquila, piazzaforte della Valle di Arryn, la cui madre chiese tutte le terre a est della Forca Verde del Tridente in cambio del sostegno della Valle contro Harren il Nero. Anche a Nord, re Torrhen Stark di Grande Inverno si consultò con i suoi lord vassalli e consiglieri fino a tarda notte, per decidere come comportarsi con l’aspirante conquistatore. L’intero reame attendeva con ansia la prossima mossa di Aegon.
Pochi giorni dopo l’incoronazione, gli eserciti di Aegon erano di nuovo in marcia. La maggior parte dei soldati attraversò il Fiume delle Rapide Nere, dirigendosi a sud, verso Capo Tempesta, sotto il comando di Orys Baratheon. La regina Rhaenys lo accompagnava, sul dorso di Meraxes, il drago dagli occhi dorati e dalle scaglie argento. La flotta Targaryen, guidata da Daemon Velaryon, salpò dal Golfo delle Acque Nere facendo rotta a nord, verso Città del Gabbiano e la Valle di Arryn. Con essa partirono la regina Visenya e Vhagar. Il re invece marciò verso nordest, in direzione di Occhio degli Dèi e Harrenhal, la gigantesca fortezza che costituiva il vanto e l’ossessione di re Harren il Nero, da lui completata e occupata precisamente nell’attesa dell’arrivo di Aegon, in quello che in seguito sarebbe diventato il giorno dell’approdo del re.
Tutte e tre le avanzate Targaryen incontrarono una dura resistenza. I lord Errol, Fell e Buckler, vassalli di Capo Tempesta, colsero di sorpresa gli avamposti dell’esercito di Orys Baratheon durante il guado del Wendwater, uccidendo più di mille uomini prima di scomparire di nuovo tra gli alberi. Una flotta Arryn raccolta in fretta e furia, più una dozzina di vascelli da guerra braavosiani, affrontò e sconfisse quella di Aegon Targaryen nelle acque al largo di Città del Gabbiano. Nello scontro perse la vita anche Daemon Velaryon, l’ammiraglio di Aegon. Lo stesso Aegon fu attaccato sulla sponda meridionale dell’Occhio degli Dèi, non una ma addirittura due volte. La Battaglia delle Canne decretò una vittoria Targaryen, le cui forze però subirono pesanti perdite ai Salici Gementi, quando due figli di re Harren varcarono il lago a bordo di navi lunghe con remi silenziosi e piombarono sulla loro retroguardia.
Queste sconfitte tuttavia non furono significative in quanto, a tutti gli effetti, i nemici di Aegon non avevano armi valide per contrastare i suoi draghi. Gli uomini della Valle di Arryn affondarono un terzo delle navi Targaryen, facendo altrettanti prigionieri, ma quando la regina Visenya calò dal cielo, le loro navi andarono a fuoco. I lord Errol, Fell e Buckler trovarono rifugio nelle foreste che ben conoscevano, finché la regina Rhaenys non scatenò Meraxes: un muro di fuoco divampò nei boschi, trasformando gli alberi in torce. Quanto ai vincitori ai Salici Gementi, mentre tornavano ad attraversare il lago diretti ad Harrenhal, furono colti alla sprovvista quando Balerion calò dal cielo mattutino. Le navi lunghe di Harren arsero, e con esse anche i suoi figli.
I nemici di Aegon furono inoltre attaccati da altri nemici. Mentre Argilac l’Arrogante raccoglieva le sue spade a Capo Tempesta, i pirati delle Stepstones approdarono sulle coste di Capo Furore approfittando della loro assenza, e le falangi di incursione dorniane si avventarono dalle Montagne Rosse violando i confini. Nella Valle di Arryn, il giovane re Ronnel fu costretto ad affrontare una rivolta alle Tre Sorelle, quando gli abitanti dell’arcipelago rinnegarono la fedeltà a Nido dell’Aquila e proclamarono lady Marla Sunderland loro regina.
Tuttavia questi erano crucci minori a confronto di ciò che davvero angustiava Harren il Nero. La nobile Casa Hoare aveva governato le Terre dei Fiumi per tre generazioni, ma gli uomini del Tridente non amavano i lord feudatari delle Isole di Ferro. Nel corso della costruzione dell’enorme castello di Harrenhal, Harren il Nero fu il primo responsabile della morte di migliaia di persone, depredando inoltre le Terre dei Fiumi per procurarsi i materiali, e riducendo in miseria sia i lord che il popolino per la sua brama di oro. A quel punto, sotto la guida di lord Edmyn Tully di Delta delle Acque, le Terre dei Fiumi insorsero contro di lui. Convocato per difendere Harrenhal, Tully si schierò invece a favore di Casa Targaryen, issò sul castello lo stendardo con il drago e partì insieme ai suoi cavalieri e agli arcieri per unire le proprie forze a quelle di Aegon. La sua ribellione incoraggiò gli altri lord del Fiume. L’uno dopo l’altro, i lord del Tridente abbandonarono Harren e passarono dalla parte di Aegon il Drago. Blackwood, Mallister, Vance, Bracken, Piper, Frey, Strong... riscossi i loro tributi, si schierarono contro Harrenhal.
Trovandosi d’un tratto in inferiorità numerica, re Harren il Nero si rifugiò nella sua fortezza, ritenuta inespugnabile. Harrenhal, il più grande castello mai costruito nel continente occidentale, aveva cinque torri gigantesche, una fonte inesauribile di acqua dolce, cripte sotterranee stipate di vettovaglie e mura massicce di pietra nera alte più di qualsiasi scala e troppo spesse per essere sfondate da un ariete o abbattute con una catapulta. Harren sprangò le porte e si preparò, insieme ai figli e ai sostenitori rimasti, a resistere all’assedio.

Ma Aegon della Roccia del Drago aveva ben altre intenzioni. Una volta unite le sue forze con quelle di Edmyn Tully e degli altri lord dei Fiumi per accerchiare il castello, Aegon in persona si presentò alle porte con un vessillo di pace, per parlamentare. Harren, un uomo anziano, canuto, tuttavia ancora decisamente volitivo nella sua armatura brunita, scese a incontrarlo. Ciascun re aveva con sé un vessillifero e un maestro, per cui le parole che si scambiarono sono a tutt’oggi tramandate.
«Arrenditi adesso» esordì Aegon «e rimarrai lord delle Isole di Ferro. Arrenditi adesso, e i tuoi figli vivranno e regneranno dopo di te. Ho ottomila uomini al di fuori di queste mura.»
«Quello che c’è fuori non m’interessa» rispose Harren. «Queste mura sono forti e spesse.»
«Non abbastanza alte per tenere lontani i draghi. I draghi volano.» «Ho costruito questa fortezza in pietra» ribatté Harren. «La pietra non brucia.» «Se è questa la tua scelta,» rispose Aegon «quando il sole tramonterà, la tua stirpe sarà estinta.»
Si narra che, udendo quelle parole, Harren sputò al suolo e rientrò nel suo castello. Una volta dentro, mandò tutti i suoi uomini sulle fortificazioni merlate, armati di lance, archi e balestre, promettendo terre e ricchezza a chiunque avesse abbattuto il drago. «Se avessi una figlia, l’uccisore del drago potrebbe reclamare anche la sua mano» annunciò Harren il Nero. «Invece gli darò in sposa una delle figlie di Tully, o se preferisce tutte e tre. Oppure potrà scegliere una rampolla Blackwood, o Strong, o qualsiasi fanciulla nata da questi traditori del Tridente, questi lord del fango giallo.» Dichiarato ciò, Harren il Nero si ritirò nella sua torre, circondato dalla sua Guardia reale, per cenare con i figli superstiti.
Mentre l’ultima luce del sole svaniva, gli uomini di Harren il Nero, serrando lance e balestre, scrutavano l’oscurità circostante. Quando nessun drago apparve, alcuni cominciarono forse a pensare che Aegon avesse pronunciato minacce a vuoto. Ma fu Aegon Targaryen in persona a levarsi in volo con Balerion, il Terrore Nero, attraverso le nubi, sempre più in alto, finché il drago non fu più grande di una mosca contro il disco della luna. Solo allora scese, all’interno delle mura del castello. Con le sue ali nere come la pece, Balerion si tuffò nella notte, e quando le imponenti torri di Harrenhal apparvero sotto di lui, il drago ruggì la sua furia e le inondò di fuoco nero, venato da rosse spirali fiammeggianti.
La pietra non brucia, aveva dichiarato Harren, ma il suo castello non era fatto solo di pietra: legno e lana, canapa e paglia, pane, manzo salato e grano, tutto quanto prese fuoco. E nemmeno gli uomini di ferro di Harren erano di pietra. Fumanti, urlanti, avvolti dalle fiamme, correvano nei cortili e precipitavano dai camminamenti sulle mura, morendo schiantati sul terreno sottostante. E, se il fuoco è abbastanza rovente, perfino la pietra si spezza e si scioglie. All’esterno delle mura del castello, i lord dei Fiumi raccontarono poi che le cinque torri di Harrenhal ardevano rosse nella notte come immani candele... e che, come candele, cominciarono a torcersi e liquefarsi, mentre rivoli di pietra fusa correvano lungo le loro pareti.

Harren e i suoi ultimi figli morirono tra le fiamme che quella notte inghiottirono la sua mostruosa fortezza. La Casa Hoare morì con lui, e così la sovranità delle Isole di Ferro sulle Terre dei Fiumi. Il giorno successivo, davanti alle rovine fumanti di Harrenhal, re Aegon accettò il giuramento di fedeltà di Edmyn Tully, lord di Delta delle Acque, e lo nominò lord supremo del Tridente. Anche gli altri lord dei Fiumi resero omaggio: a Aegon come re e a Edmyn Tully come lord. Quando le ceneri si furono raffreddate quanto bastava da poter entrare senza rischi nel castello, le spade dei caduti, molte delle quali si erano spezzate o fuse, oppure erano state contorte in viluppi d’acciaio dal fuoco di drago, furono raccolte e trasportate a Forte Aegon dai carri.
A sud e a est, i vassalli del re della Tempesta si dimostrarono molto più leali di re Harren. Argilac l’Arrogante riunì attorno a sé un vasto esercito a Capo Tempesta. Il castello dei Durrandon era una fortezza possente, le cui pareti interne erano ancora più spesse delle mura di Harrenhal. Anch’essa era considerata inespugnabile. Tuttavia la notizia della fine di re Harren non tardò ad arrivare alle orecchie di re Argilac, suo vecchio nemico. I lord Fell e Buckler, rientrati prima dell’esercito in arrivo (lord Erroll era stato ucciso), gli avevano portato nuove della regina Rhaenys e del suo drago. Il vecchio re guerriero urlò che non intendeva morire come Harren, cotto nel suo castello come un maialino da latte con la mela in bocca. Abituato a combattere, avrebbe deciso il proprio destino con la spada in pugno. Così Argilac l’Arrogante uscì per l’ultima volta a cavallo da Capo Tempesta, deciso ad affrontare i suoi nemici in campo aperto.
L’avvicinarsi del re della Tempesta non fu una sorpresa per Orys Baratheon e i suoi uomini: la regina Rhaenys, volando in groppa a Meraxes, aveva assistito alla partenza di Argilac da Capo Tempesta e fu in grado di fornire al Primo Cavaliere una descrizione completa del numero e della disposizione dei nemici. Orys assunse una solida posizione sulle colline a sud della Porta di Bronzo, trincerandosi in alto ad aspettare l’arrivo degli uomini delle Terre della Tempesta.
Quando gli eserciti si scontrarono, le Terre della Tempesta tennero fede al proprio nome. Quel mattino, cominciò a cadere una pioggia costante che a mezzogiorno era diventata una violenta burrasca. I lord vassalli cercarono di convincere re Argilac a rinviare l’attacco al giorno successivo, nella speranza che la pioggia cessasse. Ma il re della Tempesta era in vantaggio numerico, il doppio degli uomini rispetto ai conquistatori, e quasi quattro volte tanto come cavalieri e cavalli pesanti. La vista degli stendardi Targaryen fradici che garrivano sulle sue terre lo fece infuriare, e il vecchio ed esperto guerriero non mancò di notare che la pioggia soffiava da sud, contro gli uomini Targaryen schierati sulle colline. Dunque Argilac l’Arrogante diede il comando di attaccare: la battaglia conosciuta come Ultima Tempesta ebbe inizio.
Il combattimento durò fino a notte inoltrata. Uno scontro cruento, decisamente meno sbilanciato rispetto alla conquista di Harrenhal da parte di Aegon. Per tre volte Argilac l’Arrogante guidò i suoi cavalieri contro le posizioni di Baratheon, ma i pendii erano ripidi e le piogge avevano reso il terreno soffice e fangoso, per cui i cavalli da guerra avevano difficoltà e affondavano, le cariche perdevano completamente slancio e coesione. Gli uomini delle Terre dei Fiumi se la cavarono meglio quando mandarono i loro lancieri a piedi sulla collina. Accecati dalla pioggia, gli invasori non li videro salire, se non quando fu troppo tardi. Le corde bagnate degli arcieri rendevano le loro armi inutilizzabili. Una collina cadde, poi un’altra, finché la quarta e ultima carica del re della Tempesta e dei suoi cavalieri sbaragliò il nucleo di Baratheon... e finì per imbattersi nella regina Rhaenys e in Meraxes. Perfino al suolo, il drago diede prova di essere temibile. Dickon Morrigen e il Bastardo di Blackhaven, che comandavano l’avanguardia, furono travolti dal respiro di drago, insieme ai cavalieri della guardia personale di re Argilac. In preda al panico, i cavalli da guerra fuggirono terrorizzati, travolgendo i cavalieri dietro di loro. La carica si trasformò in caos. Quanto al re della Tempesta, egli stesso venne scaraventato giù di sella.
Eppure Argilac continuò a combattere. Quando Orys Baratheon scese dalla collina fangosa con i suoi uomini, trovò il vecchio re che ancora affrontava una mezza dozzina di uomini, con altrettanti cadaveri ai suoi piedi. «Fatevi da parte» ordinò Baratheon. Smontò da cavallo per incontrare il re della Tempesta in singolar tenzone, offrendogli comunque un’ultima occasione di arrendersi. Argilac invece inveì contro di lui. E così si batterono: il vecchio re guerriero con i suoi capelli bianchi fluenti e il fiero Primo Cavaliere di Aegon con la barba nera. Ognuno dei due fu ferito dall’altro, si dice, ma alla fine l’ultimo dei Durrandon ebbe ciò che voleva, morendo con la spada in pugno e una bestemmia sulle labbra. La morte del re scoraggiò gli uomini delle Terre della Tempesta: non appena si diffuse la notizia che Argilac era caduto, tutti i suoi lord e i cavalieri deposero le spade e fuggirono.

Per alcuni giorni, si temette che Capo Tempesta potesse subire lo stesso destino di Harrenhal. All’avvicinarsi di Orys Baratheon e dell’esercito Targaryen, Argella, figlia di Argilac, aveva sbarrato le porte d’accesso e si era autoproclamata regina della Tempesta. Piuttosto che fare atto di sottomissione, i difensori di Capo Tempesta sarebbero morti fino all’ultimo uomo, promise Argella quando la regina Rhaenys volò con Meraxes all’interno della fortezza per parlamentare. «Potete prendere il mio castello, ma quello che otterrete saranno solo ossa, sangue e cenere» annunciò l’inattesa regina... ma i soldati della sua guarnigione si dimostrarono meno desiderosi di morire. Quella notte alzarono la bandiera di pace, spalancarono le porte del castello, e trascinarono lady Argella, imbavagliata, incatenata e nuda, nell’accampamento di Orys Baratheon.
Si dice che Baratheon l’abbia slegata con le sue mani, l’abbia avvolta nel proprio mantello, le abbia versato da bere e le abbia parlato con gentilezza, raccontandole del coraggio di suo padre e del modo in cui era caduto. Dopodiché, in onore del re defunto, fece proprie le armi e il motto dei Durrandon. Il cervo incoronato divenne il suo sigillo, Capo Tempesta la sua sede e lady Argella la sua regina.
Adesso che sia le Terre dei Fiumi sia quelle della Tempesta erano sotto il dominio di Aegon il Drago e dei suoi alleati, gli altri re dell’Occidente videro chiaramente che presto sarebbe arrivato anche il loro turno. A Grande Inverno, re Torrhen Stark convocò i suoi lord alfieri: considerate le vaste distanze del Nord, re Torrhen era ben consapevole che radunare un esercito avrebbe richiesto molto, troppo tempo. Nella Valle di Arryn, la regina Sharra, reggente per il giovanissimo figlio Ronnel, si rifugiò a Nido dell’Aquila, prese in considerazione le sue difese e mandò un esercito alla Porta Insanguinata, l’ingresso alla Valle di Arryn. In gioventù, la regina Sharra era stata elogiata come il Fiore della Montagna, la fanciulla più avvenente dei Sette Regni. Forse sperando di sedurre Aegon con la propria bellezza, gli inviò un proprio ritratto e si offrì di sposarlo... se Aegon avesse nominato suo figlio Ronnel come proprio erede. Anche se il ritratto alla fine arrivò, non è dato sapere se Aegon Targaryen abbia mai risposto alla sua proposta: aveva già due regine, e Sharra Arryn, di dieci anni più vecchia di lui, era ormai un fiore sfiorito.
Al contempo due importanti re occidentali avevano fatto causa comune e radunato i propri eserciti, con l’intenzione di fermare Aegon una volta per tutte. Mern IX di Casa Gardener, re dell’Altopiano, partì da Alto Giardino con un imponente esercito. Sotto le mura del Castello di Goldengrove, sede di Casa Rowan, si unì con Loren I Lannister, re di Castel Granito, che guidava il suo esercito dalle terre occidentali. I due re insieme comandavano la più grande armata mai vista nel continente occidentale: cinquantacinquemila uomini, compresi circa seicento lord grandi e piccoli, e oltre cinquemila cavalieri. «Il nostro pugno di ferro» si vantava re Mern. I suoi quattro figli cavalcavano al suo fianco, mentre i due nipoti più giovani gli facevano da scudieri.
I due re non si fermarono a lungo a Goldengrove: un esercito di quelle dimensioni doveva continuare a spostarsi, diversamente rischiava di divorare tutto, trasformando la campagna circostante in una landa desolata. Gli alleati ripartirono quindi subito, marciando a nord-nordest attraverso erba alta e dorati campi di grano.
Avvertito del loro approssimarsi al suo accampamento sulle sponde di Occhio degli Dèi, Aegon raccolse il suo esercito e marciò contro i nuovi nemici. Le sue forze ammontavano a solo un terzo di quelle guidate dai due re, e la maggior parte del suo contingente era formata da uomini che avevano prestato giuramento ai lord dei Fiumi, la cui fedeltà a Casa Targaryen era recente e non ancora provata. Avendo un esercito più piccolo, però, Aegon era in grado di spostarsi più rapidamente dei suoi avversari. Entrambe le regine lo raggiunsero con i loro draghi nella città di Tempio di Pietra: Rhaenys proveniva da Capo Tempesta e Visenya da Punta della Chela Spezzata, dove aveva accettato molti ferventi giuramenti di fedeltà da parte dei lord locali. Fianco a fianco, i tre Targaryen osservarono dall’alto l’esercito di Aegon che attraversava le sorgenti del Fiume delle Rapide Nere, dirigendosi verso sud.
I due eserciti s’incontrarono nelle vaste, aperte pianure a sud delle Rapide Nere, dove un tempo passava la Strada dell’Oro. I re si rallegrarono quando i loro esploratori tornarono a riferire il numero e la disposizione dei Targaryen. Avevano cinque volte gli uomini di Aegon, e la disparità tra i lord e i cavalieri era addirittura maggiore. E il terreno era vasto e aperto, solo erba e grano a perdita d’occhio: l’ideale per cavalli pesanti. Aegon Targaryen non controllava un’altura, come invece Orys Baratheon aveva fatto nella Battaglia dell’Ultima Tempesta. Il suolo era solido, non fangoso. Non erano nemmeno disturbati dalla pioggia: la giornata era limpida anche se ventosa. Non pioveva da oltre quaranta giorni.
Re Mern aveva portato a combattere una volta e mezzo gli uomini di re Loren, così domandò l’onore di comandare il centro. A Edmund, suo figlio ed erede, fu affidata l’avanguardia. Re Loren e i suoi cavalieri formavano l’ala destra, lord Oakheart quella sinistra. Non essendoci barriere naturali ad arginare la linea del fronte Targaryen, i due re intendevano circondare Aegon su entrambi i lati, per poi assalire la retroguardia, mentre il loro pugno di ferro, un grande cuneo di cavalieri in armatura e alti lord, attaccava al centro.
Aegon Targaryen serrò i suoi uomini in una sorta di mezzaluna composta da lance e picche, subito seguita dagli arcieri e dai balestrieri, la cavalleria leggera su entrambi i lati. Affidò il comando dell’esercito a Jon Mooton, lord di Maidenpool, uno dei primi nemici a essere passato dalla sua parte. Il re stesso, invece, intendeva combattere dal cielo, al fianco delle due regine. Anche Aegon aveva notato l’assenza della pioggia: l’erba e il grano che circondavano gli eserciti erano alti, pronti per il raccolto. Ed erano anche estremamente... secchi.
I Targaryen attesero finché i due re suonarono le trombe e cominciarono ad avanzare dietro un mare di vessilli. Re Mern, in sella al suo stallone dorato, guidò la carica verso il centro, con il figlio Gawen al fianco che reggeva il loro stendardo: una grande mano verde su campo bianco. Tra urla e grida, spronati da corni e tamburi, i Gardener e i Lannister si lanciarono all’attacco sotto nugoli di frecce scagliate verso i nemici, spinsero da una parte i lancieri Targaryen, travolsero i loro ranghi. Fino a quando Aegon e le sue sorelle si alzarono in volo, cavalcando i loro draghi.
Aegon sorvolò le schiere nemiche sul dorso di Balerion, in mezzo a una tempesta di lance, pietre e frecce, eseguendo ripetute picchiate, avvolgendo i nemici tra barriere di fiamme. Rhaenys e Visenya appiccarono il fuoco sopravento rispetto ai nemici, altro fuoco alle loro spalle. L’erba secca e il grano s’incendiarono all’istante. Il vento alimentava le fiamme, spingendo il fumo in faccia ai soldati dei due re che avanzavano. L’odore di fuoco gettò nel panico le loro cavalcature e, con l’addensarsi del fumo, cavalli e cavalieri non videro più nulla. Le loro fila cominciarono a rompersi, mentre muri di fuoco rosso si alzavano su entrambi i lati. Gli uomini di lord Mooton, al sicuro sopravento rispetto alla conflagrazione, aspettavano con archi e lance, pronti a dare il colpo di grazia agli uomini ustionati e avvolti dalle fiamme che uscivano barcollando da quell’inferno.
La battaglia venne in seguito chiamata Campo di Fuoco. Più di quattromila uomini morirono tra le fiamme. Altri mille perirono di spada, lancia e freccia. Diecimila rimasero ustionati, alcuni in modo talmente grave da restare sfregiati a vita. Re Mern IX fu tra i caduti, insieme a figli, nipoti, fratelli, cugini e altri consanguinei. Uno dei nipoti sopravvisse tre giorni. Quando morì a seguito delle ustioni, Casa Gardener morì con lui. Re Loren di Castel Granito sopravvisse, attraversando al galoppo un muro di fuoco e fumo e riuscendo a mettersi in salvo nel momento in cui si rese conto che la battaglia era ormai persa.
I Targaryen persero meno di un centinaio di uomini. La regina Visenya fu ferita da una freccia alla spalla, ma si riprese rapidamente. Mentre i draghi divoravano dozzine di cadaveri, Aegon ordinò di raccogliere le spade dei caduti e, come aveva fatto dopo la Battaglia dell’Ultima Tempesta, fece trasportare anche quelle verso la foce delle Acque Nere.
Loren Lannister fu catturato il giorno seguente. Il re di Castel Granito depose la spada e la corona ai piedi di Aegon, si genuflesse e gli rese omaggio. E Aegon, fedele alle sue promesse, fece rialzare il nemico sconfitto e gli confermò le sue terre e il titolo di lord, nominandolo lord di Castel Granito e Protettore dell’Occidente. I vassalli di lord Loren seguirono il suo esempio, e lo stesso fecero molti altri lord dell’Altopiano scampati al respiro di drago.
Eppure la conquista dell’Ovest restava incompleta. Re Aegon partì con le sue sorelle e marciò direttamente verso Alto Giardino, sperando di ottenere la sua resa prima che qualcun altro se ne potesse impadronire. Trovò il castello nelle mani di Harlan Tyrell, l’attendente di re Mern, i cui antenati avevano servito i Gardener per secoli. Tyrell consegnò le chiavi del castello senza combattere e assicurò il suo sostegno al re conquistatore. Come ricompensa, Aegon gli accordò Alto Giardino e tutti i suoi possedimenti, nominandolo Protettore del Sud e lord supremo del Mander, e concedendogli la sovranità su tutti i lord che avevano in precedenza giurato fedeltà a Casa Gardener.
Re Aegon aveva intenzione di continuare la sua avanzata verso sud e ottenere la sottomissione di Vecchia Città, Arbor e Dorne ma, mentre si trovava ad Alto Giardino, gli giunse la notizia di una nuova sfida: Torrhen Stark, re del Nord, aveva attraversato l’Incollatura ed era penetrato nelle Terre dei Fiumi alla testa di un esercito di trentamila selvaggi uomini del Nord. Aegon partì subito verso nord per incontrarlo, anticipando il suo esercito sulle ali di Balerion, il Terrore Nero. Informò le sue regine, e anche tutti i lord e i cavalieri che gli avevano fatto atto di sottomissione dopo la conquista di Harrenhal e la vittoria al Campo di Fuoco.
Quando Torrhen Stark arrivò sulle sponde del Tridente trovò ad attenderlo un esercito una volta e mezzo il suo: lord dei Fiumi, uomini dell’Ovest, della Tempesta e dell’Altopiano... c’erano tutti. E sopra le loro teste Balerion, Meraxes e Vhagar si libravano in cerchi sempre più ampi.
Gli esploratori di Torrhen avevano visto le rovine di Harrenhal, dove braci rosse ardevano ancora debolmente sotto le macerie. Il re del Nord aveva ascoltato molti resoconti sulla Battaglia del Campo di Fuoco. Sapeva che, se avesse cercato di attraversare il fiume con la forza, lo stesso destino sarebbe potuto toccare anche a lui. Alcuni dei suoi vassalli lo esortavano ad attaccare, insistendo che il valore degli uomini del Nord avrebbe prevalso. Altri gli consigliavano di ritirarsi sul Moat Cailin e colà resistere, in territorio nordico. Brandon Snow, fratello bastardo del re, si offrì di attraversare da solo il Tridente approfittando dell’oscurità per uccidere i draghi mentre questi dormivano.

Ma re Torrhen non mandò Brandon Snow oltre il Tridente. Fu lui ad andare, accompagnato da tre maestri. E non per uccidere, ma per trattare. Messaggi s’intrecciarono nel corso dell’intera notte. Al mattino, Torrhen Stark attraversò il Tridente. Arrivato sulla sponda sud si inginocchiò, depose l’antica corona dei re dell’Inverno ai piedi di Aegon e giurò di servirlo. Quando si rialzò era lord di Grande Inverno e Protettore del Nord, non più re. Da quel giorno, Torrhen Stark è ricordato come il Re-in-ginocchio ma... Nessun uomo del Nord lasciò le sue ossa bruciate sulle sponde del Tridente, né le spade che Aegon raccolse da lord Stark e dai suoi lord alfieri erano deformate, fuse o piegate dal furore dei draghi.
Aegon Targaryen e le sue regine si separarono ancora una volta. Aegon tornò a Sud, marciando verso Vecchia Città. Le sue sorelle montarono sui loro draghi: Visenya per un secondo tentativo nella Valle di Arryn, Rhaenys diretta a Lancia del Sole e nei deserti di Dorne.
Sharra Arryn aveva rafforzato le difese di Città del Gabbiano, mobilitando un grande esercito alla Porta Insanguinata e triplicando le guarnigioni a Pietra, Neve e Cielo, i fortilizi a diverse altitudini che controllavano l’accesso a Nido dell’Aquila. Ma tutte queste precauzioni si dimostrarono inutili. Visenya Targaryen volò sopra le loro teste trasportata dalle ali di cuoio di Vhagar, calando nel cortile interno di Nido dell’Aquila. Quando la reggente della Valle corse fuori ad affrontarla, scortata da una dozzina delle sue guardie, trovò Visenya con Ronnel Arryn seduto sulle ginocchia che fissava il drago pieno di meraviglia. «Madre, posso volare con la lady?» chiese il re ragazzino. Non vennero pronunciate minacce, non ci furono alterchi rabbiosi. Al contrario, le due regine si sorrisero a vicenda e si scambiarono cortesie. Poi lady Sharra mandò a prendere le tre corone – la sua di reggente, la piccola corona del figlio e la Corona del Falco della Montagna e della Valle che i re Arryn avevano indossato per un millennio – e le consegnò alla regina Visenya, insieme alle spade e alla sua guarnigione. Si narra che in seguito il piccolo re sorvolò per tre volte la sommità della Lancia del Gigante e quando atterrò si ritrovò che era un piccolo lord. Fu così che Visenya Targaryen annesse la Valle di Arryn al regno del fratello.

La conquista di Rhaenys Targaryen non fu altrettanto facile. Un esercito di lancieri dorniani controllava il Passo del Principe, valico tra le Montagne Rosse, ma Rhaenys non attaccò. Sorvolò il passo, le sabbie rosse e quelle bianche, e scese a Vaith, per chiedere la sua sottomissione, ma trovò il castello vuoto e abbandonato. Nella città, sotto le mura, erano rimasti solo vecchi, donne e bambini. Quando chiese dove fossero andati i lord, pare che le fu risposto soltanto: «Via». Rhaenys discese il fiume fino a Grazia degli Dèi, sede di Casa Allyrion, ma era anch’essa deserta. Continuò a volare. Nel punto in cui il Sangue Verde sfocia nel mare, Rhaenys incontrò Planky Town, dove centinaia di zattere spinte con lunghi pali, barche da pesca, chiatte, case galleggianti e navi in disarmo cuocevano al sole, legate insieme da corde, catene e assi, e formavano una città galleggiante, ma solo poche donne anziane e bambini piccoli alzarono lo sguardo quando Meraxes la sorvolò in cerchio.
Alla fine la regina arrivò a Lancia del Sole, antica sede di Casa Martell. Ad attenderla nel castello abbandonato trovò la principessa di Dorne. Meria Martell aveva ottant’anni, per sessanta aveva regnato sui dorniani, tramandano i maestri. Era obesa, cieca e quasi calva, la pelle giallastra e cadente. Argilac l’Arrogante l’aveva soprannominata il Rospo giallo di Dorne, ma né l’età né la cecità avevano offuscato il suo spirito.
«Non combatterò contro di voi,» disse la principessa Meria a Rhaenys «né mi sottometterò. Dorne non ha re, riferiscilo pure a tuo fratello.»
«Lo farò,» rispose Rhaenys «ma torneremo, principessa, e la prossima volta arriveremo con fuoco e sangue.»
«È il vostro motto» replicò la principessa Meria. «Il nostro è: “Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati”. Ci potrete bruciare, milady... ma non ci piegherete, non ci spezzerete né ci farete inchinare. Questo è Dorne. Qui non siete ben accetti. Se tornerete, sarà a vostro rischio e pericolo.»
Così la regina e la principessa si separarono. E Dorne rimase invitta. All’Ovest, Aegon Targaryen fu accolto più calorosamente. Il più grande insediamento di tutto il continente occidentale, Vecchia Città, era circondato da imponenti mura e governato dagli Hightower di Hightower, la casa nobiliare più antica, ricca e potente dell’Altopiano. Vecchia Città era anche il fulcro del Credo e sede dell’Alto Septon, padre spirituale dei fedeli, la voce dei nuovi dèi sulla terra, che poteva contare sull’obbedienza di milioni di devoti in tutti i regni (tranne che nel Nord, dove dominavano ancora gli antichi dèi) e sulle spade del Credo Militante, gli ordini combattenti che la gente comune chiamava Stelle e Spade.
Tuttavia, quando Aegon Targaryen e il suo esercito arrivarono a Vecchia Città, trovarono le porte aperte, e lord Hightower che li aspettava per fare atto di sottomissione. Appena la notizia dell’approdo di Aegon giunse a Vecchia Città, l’Alto Septon si chiuse nel Tempio Stellato per sette giorni e sette notti, invocando la guida degli dèi. Si nutriva solo di pane e acqua, si diceva, e trascorreva le ore di veglia in preghiera, spostandosi da un altare all’altro. Al settimo giorno, la Vecchia alzò la sua lanterna d’oro per mostrargli il futuro. Sua alta santità vide che, se Vecchia Città avesse preso le armi contro Aegon il Drago, essa sarebbe sicuramente stata bruciata, e il castello, la Cittadella e il Tempio Stellato sarebbero stati abbattuti e distrutti.
Manfred Hightower, lord di Vecchia Città, era un uomo cauto e devoto. Uno dei suoi figli minori serviva tra i Figli del Guerriero, un altro aveva appena preso i voti come septon. Quando l’Alto Septon gli riferì la visione accordatagli dalla Vecchia, lord Hightower decise che non si sarebbe opposto al Conquistatore con la forza delle armi. Così fu che, per quanto gli Hightower fossero vassalli dei Gardener di Alto Giardino, non ci furono uomini di Vecchia Città bruciati come al Campo di Fuoco. E così fu che lord Manfred andò incontro a Aegon il Drago per accoglierlo, offrendogli la sua spada, la sua città e il suo giuramento. (Taluni sostengono che lord Hightower gli abbia offerto anche la mano della propria figlia minore, proposta che Aegon cortesemente declinò per non offendere le sue due regine.)
Tre giorni più tardi, sua alta santità in persona consacrò Aegon con i sette unguenti nel Tempio Stellato, gli pose la corona sulla testa e lo proclamò Aegon di Casa Targaryen, il primo del suo nome, re degli andali, dei rhoynar e dei primi uomini, lord dei Sette Regni e Protettore del Reame. (La formula usata era «Sette Regni», anche se Dorne non si era sottomessa, e non lo avrebbe fatto per oltre un secolo.)
Solo una manciata di lord aveva assistito alla prima incoronazione di Aegon alla foce delle Rapide Nere, ma centinaia presenziarono alla seconda, e decine di migliaia lo festeggiarono in seguito per le strade di Vecchia Città che egli attraversò sul dorso di Balerion. Tra gli astanti alla seconda incoronazione di Aegon c’erano i maestri e gli arcimaestri della Cittadella. Forse per questo motivo fu proprio la seconda incoronazione, invece di quella a Forte Aegon o del giorno dell’approdo di Aegon, che sancì il vero inizio del regno di Aegon.
Fu così che i Sette Regni del continente occidentale si fusero in un unico grande reame, il Reame degli Uomini, per volere di Aegon il Conquistatore e delle sue sorelle.
Molti pensavano che, una volta concluse le guerre, re Aegon avrebbe stabilito la sede regale a Vecchia Città, mentre altri erano convinti che avrebbe regnato dalla Roccia del Drago, l’antica cittadella di Casa Targaryen sull’isola dallo stesso nome.
Il re sorprese tutti proclamando la propria intenzione di stabilire la corte nella nuova città appena sorta ai piedi delle tre colline alla foce delle Rapide Nere, dove lui e le sue sorelle avevano messo piede sul continente occidentale per la prima volta. Approdo del Re, si chiamava la nuova città. Da là Aegon il Drago dominò il suo regno, governando da un imponente scranno di metallo formato dalle spade fuse, contorte, battute e spezzate di tutti i nemici uccisi. Un trono periglioso che ben presto, dal continente occidentale, sarebbe diventato noto in tutto il mondo come il Trono di Spade.

 

Nello spoiler la fine del racconto che nessuno ha mai letto!

 

Complimenti ai vincitori, ai vinti e al mio compagnuccio @Marvoch!

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  • Game Master
Adesso, Lapezz ha scritto:

Ahahahahahahahahaha Mario mangiatore di olive in salamoia autoptica ahahahahahaahah ❤️❤️

❤️❤️❤️❤️❤️

Cmq bravi tutti quelli che ho controllato hanno rispettato fedelmente il DPCM 

Cmq ti dovevo una risposta

 

SI

 

giocare al pc guardando la tua firma è veramente difficoltoso

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  • Game Master

Scusate se spingendo tanto per attuare la proposta di Mario siamo finiti a non discutere più di tanto sul resto dei giocatori. 

Forse era meglio attuarla (o anche no, probabilmente non cambiava nulla) ma continuare a discutere sugli altri lo stesso. 

 

Perdonatemi :(

 

 

 

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Adesso, Jesus 'SnaKe SuperPuppy ha scritto:

comunque secondo me questa è la mìglìor partìta dì marìo da che ne ho memorìa

 

apprezzo ancora dì pìù che non sì sìa maì dìchìarato, keep the kayfabe alìve bro

Ha dovuto trovare un escamotage singolare, ci ha talmente destabilizzati che gli abbiamo creduto. 

Bravo Mariooo

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3 minuti fa, Jesus 'SnaKe SuperPuppy ha scritto:

comunque secondo me questa è la mìglìor partìta dì marìo da che ne ho memorìa

 

apprezzo ancora dì pìù che non sì sìa maì dìchìarato, keep the kayfabe alìve bro

Ma grazie! Detto da te davvero è un complimento 

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  • Game Master

Questa partita è storica per tanti motivi:

  • Non ci sono stati insulti 
  • Sia Cocco che Bucche sono stati morsi 
  • Mario non si è dichiarato esplicitamente 
  • Boh basta, pensavo ci fossero altri dati epici

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Non vale rogarmi a esclusione nell'unico giorno in cui non potevo partecipare ;_;

 

Scherzo tutti molto bravi i contadini, purtroppo per noi avendo perso il nostro lupo cardine con un sfortunato rogo a giorno 1 era tutta in salita e abbiamo fatto il possibile, avevo calcolato una casistica in un cui potevo arrivare 1 vs 2 contro un non certificato ma famu che sceglie proprio me non me lo ha permesso, e comunque dovevo beccare ad ogni morso il ricevente della sondata quindi sarebbe stato comunque un miracolo, non si poteva fare altro perché alla morte di Dream la rivelazione di massa sarebbe stata inevitabile. 

 

Comunque secondo me avete giocato tutti molto bene, avete sempre scelto le soluzioni migliori in piazza 

Spoiler

@JackShepard poi che fa il totolupi corretto a giorno 2 fa paura troppo forte 

 

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