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momo

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Jean-Philippe Faure, Céline Girardet - Empatia. Al cuore della Comunicazione nonviolenta

L'empathie, le pouvoir de l'accueil (2003)


Editrice Aam Terra Nuova , Firenze, 2017
traduzione di Laura Tenorini
15x21 cm, 195 pp.
ISBN 9788866811824


Essere empatici significa saper ascoltare in modo globale e profondo. Significa essere presenti e offrire un'attenzione benevola ai bisogni dell'interlocutore. Significa mettere da parte il proprio ego affinché non abbia il sopravvento nella comunicazione e quindi nella relazione. Elementi che, tutti insieme, permettono una connessione profonda con l'altro e le sue sofferenze, evitando di identificarsi con esse. Jean-Philippe Faure e Celine Girardet ci invitano a una vera e propria rivoluzione concettuale: praticare l'empatia nella vita di tutti i giorni per migliorare la nostra esistenza e quella di coloro che sono intorno a noi. Attraverso testimonianze, esempi pratici ed esercizi, il libro ci aiuta a comprendere meglio che cos'è l'empatia, come impiegarla nel quotidiano e come metterla al servizio di una comunicazione autentica. Un testo rivolto a tutti perché l'ascolto consapevole che è al cuore della Comunicazione nonviolenta è un ingrediente prezioso per portare pace e felicità nella vita di tutti noi.

 

Ho approcciato questo volume senza conoscere nulla di tale metodo empatico; ignorantemente pensavo che avrei potuto esercitare il mio modo di affrontare un dialogo con una persona che mi rivela le proprie insicurezze e le proprie problematiche, riuscendo a essere più empatico nei suoi confronti, appunto. Pensavo inoltre che la comunicazione nonviolenta potesse aiutarmi in tutte quelle situazioni nelle quali l'ira la fa da padrona e mi porta irruentemente a pronunciare frasi delle quali, a mente un po' più lucida, finisco inevitabilmente a pentirmi di essermele lasciate sfuggire di bocca. Insomma ho affrontato l'acquisto di questo titolo nella più totale ignoranza! :D E sebbene la prima ipotesi, tutto sommato, non si sia rivelata così tanto errata, dopo aver letto questo libro la domanda che mi sorge spontanea è: ma a cosa serve questo tomo?! Ok, mi ha spiegato più concretamente cos'è l'empatia e la CNV, ma questo avrebbe potuto spiegarmelo molto più velocemente un qualsiasi sito on-line, se solo avessi voluto colmare questa lacuna. La pecca più grossa di questo volume letterario, secondo me, è che, a detta stessa degli autori, vuole rimanere una marginale trattazione del libro "padre" della CNV scritto da Marshall Rosenberg, spesso citato e al quale si viene rimandati. Ma la trattazione è davvero marginale e superficiale, non vi è un vero e proprio coinvolgimento, non viene esposta la filosofia che risiede dietro a questo metodo, vi sono solo dei gran esempi di testimonianze. E sarà che tale pratica non mi ha convinto per nulla, trovandola anzi piuttosto fredda e irritante per il ricevente, ma davvero non sono riusciti a coinvolgermi. E nemmeno sento l'esigenza di approfondire Rosenberg dopo questo tentativo. Ahiloro, progetto bocciato!

Voto: 1,5/5.

 

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  • 3 settimane dopo...
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Gino Cervi - La fabbrica della nebbia. Piccolo viaggio sentimentale dentro quel che cancella e svela


Ediciclo Editore, Portogruaro, 2021
11x16 cm, 91 pp.
ISBN 9788865493366


La collana «Piccola filosofia di viaggio» invita Gino Cervi, giornalista, scrittore e, in particolare, "meccanico di libri", a indagare intorno a quel che di materiale e di immateriale si nasconde e, proprio nel nascondersi, si rivela dentro la nebbia, una delle più potenti macchine letterarie per immaginare e, forse, interpretare il mondo.

 

Consigliatami da un'amica come una collana filosofica, in realtà ho trovato tra le mani un prodotto assai distante da quel che mi immaginavo potesse essere. Non un trattato filosofico o un'analisi saggistica bensì una, anzi tante, definizioni personali di tale Gino Cervi - che non conoscevo -, ben farcite da esperienze personali, ricordi e racconti di vita propria in chiave autobiografica. Tendenzialmente il primo pensiero che potrebbe passarvi ora nell'anticamera del cervello sarebbe: "che mi frega di leggere le memorie di una persona che nemmeno conosco?". Vero, potrei persino parzialmente concordare. Eppure Gino Cervi - no, non l'attore bolognese - ha dalla sua la padronanza della lingua, delle parole, del lessico. Sa scrivere, e bene. Affronta vari argomenti, molti dei quali non rientrano nemmeno tra i miei interessi (il ciclismo, il calcio), ma è così abile a destreggiarsi col lessico da incuriosire il lettore qualsiasi cosa dica, qualsiasi tema tratti. E, ovviamente, in tutto ciò riesce a mantenere la nebbia la protagonista principale delle sue elucubrazioni. Vi è persino una curata ricerca a citazioni, talvolta utilizzate come punto di partenza sulle quali avviare nuovi pensieri e ragionamenti. E proprio qui giungiamo in un errore grossolano commesso dall'edizione: nessun riferimento alle fonti dalle quali provengono le citazioni, nessuna nota, nessun rimando; è pertanto impossibile potere curiosare e approfondire. Si ascolta (o meglio, si legge). Ed è piacevole. Ma non si è veicolati, non reindirizzati. Questo è il tratto nebbioso di questo volume sulla nebbia.

Voto: 3/5.

 

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  • 2 settimane dopo...
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Mary Shelley - Metamorfosi. Racconti gotici

Transformation (1830)


La Tartaruga Edizioni, Milano, 2006
traduzione di Masolino D'Amico
14,5x21 cm, 88 pp.
ISBN 9788877384454


Consegnata all'eterna fama da Frankestein, la sua opera più famosa, Mary Shelley scrisse anche altri romanzi e una serie di racconti meno conosciuti. Assolutamente inediti, infatti, sono quelli tradotti in questo volume che prende il titolo dal primo, Metamorfosi. La scrittura si addentra nei territori del macabro, del sinistro, del soprannaturale: il risultato è un autentico capolavoro della letteratura gotica. Altri due racconti accompagnano MetamorfosiIl mortale immortale e Il Malocchio completano questa piccola perla letteraria esaltando la maestri, la perfezione e la forza creativa già nota di Mary Shelley.

 

Un trittico di brevi racconti gotici scritti da uno dei nomi più noti della letteratura nera, in una splendida traduzione di Masolino D'Amico che rende appieno la magnificenza di quest'opera. Proprio per via della loro brevità, si leggono molto facilmente e con spensieratezza. Forse risulterà più noioso e complicato seguire l'ultimo dei tre racconti, Il Malocchio, in quanto gremito di un'infinità di nomi e luoghi reconditi, laddove non oramai del tutto remoti. Rimane comunque una veloce e piacevole lettura, che potrà entusiasmare tanto più chi è già interessato al genere.

Voto: 3/5.

 

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  • 8 mesi dopo...
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Priya Basil - Elogio dell'ospitalità. Riflessioni sul cibo e sul significato della generosità

Gastfreundschaft (2019)


Il Saggiatore, Milano, 2020
traduzione di Alessandra Castellazzi
13,5x19 cm, 130 pp.
ISBN 9788842826248


Riesci a immaginarti a una cena con il tuo fidanzato tedesco e tua madre indiana? Lei che cerca di rimpinzarlo, lui che cerca di rifiutare cortesemente e tu che cerchi di non scoppiare a ridere. E magari ti viene in mente quella volta in cui, da piccola, lei aveva preparato il suo piatto forte, il tuo piatto preferito – un kadhi di curry, coriandolo e peperoncino –, e tu ci sei rimasta male perché non potevi mangiartelo tutto tu e ti toccava condividerlo con gli ospiti. Oppure quella volta in cui hai tenuto banco al pranzo nel centro di accoglienza per migranti, riuscendo con l’aiuto di un manicaretto curdo a far dialogare culture lontanissime tra loro. Priya Basil ci racconta con ironia e schiettezza che cosa significa essere ospitali e come usare la condivisione del cibo per imparare a stare insieme, al di là di ogni differenza e diffidenza. Perché il cibo abita le nostre vite. Ci sfama, ci sostenta, ci appaga. E, se inatteso e bizzarro, può anche stupirci e spaesarci, proprio come chi non conosciamo: l’altro da noi, il forestiero che bussa alla nostra porta e ci chiede di entrare. Riusciamo a sorprenderci e insieme nutrirci dell’imprevisto? Può la comunione di un piatto diventare comunione di esistenze? Siamo capaci di offrire un posto accanto a noi allo straniero di cui non sappiamo nulla? In Elogio dell’ospitalità Priya Basil ci spinge a esprimere la nostra generosità, invitandoci a offrire e ricevere, condividere e accogliere senza riserve, per capire che solo nell’ospitalità incondizionata possiamo trovare il nostro senso di comunità. E vivere così in un mondo in cui ogni persona può sentirsi a casa, chiunque essa sia.

 

Letto per il LiF giugno 2022!

 

Le prime pagine mi avevano lasciato ben sperare. I temi intavolati sembravano interessanti, vi erano citazioni e rimandi ad altri scritti di altri autori (e personalmente adoVo quando mi danno modo di espandere gli approfondimenti altrove) e, tutto sommato, le intrusioni personali erano ancora accettabili e, vuoi per via dell'infanzia particolare dell'autrice, persino interessanti. Ma ben presto la mia percezione sugli intenti di questo libro è mutata. Anzitutto è parso sempre più chiaro quanto non vi sia un filo conduttore; si passa da un argomento all'altro così come talvolta, parlando dal vivo, capita possa succedere quando si vogliono dire tante cose e semplicemente vengono rigurgitate una dopo l'altra senza amalgamarle, senza un ingrediente che funga da legante (dato che si parla di cucina!). In più, i temi che vengono proposti, sono sempre e solo analizzati dal punto di vista dell'autrice, quasi come fosse una biografia. Per di più, leggendo i pensieri di Priya e iniziandola a "conoscere", sempre più è andata aumentando l'antipatia nei suoi confronti; una donna fintamente altruista, egoisticamente generosa, perbenista per convenzione, consciamente sprecona, veicolata dalle imposizioni della società piuttosto che seguire un proprio ideale... "predica bene ma razzola male" mi sono detto, a un certo punto. Giudizio certamente avventato e non definitivo, d'altronde non la conosco affatto se non per queste 120 pagine, ma il sentore che ho avuto nei suoi confronti mi ha persino portato a domandarmi: è davvero la persona giusta per un saggio simile? Fatico a definirlo, per davvero, un saggio. Con il formarsi di questi pensieri, le aspettative che mi ero creato sono drasticamente crollate. Non mancano passaggi e frasi degne di nota, che mi sono prontamente segnato, però, in definitiva, resomi conto della incoerenza dell'autrice, che attualmente fatico a definire una persona ospitale come il titolo dell'opera lascerebbe intendere, il libro rimane una lettura sottotono. L'associazione del cibo rimane, a conti fatti, un appiglio troppo debole per sviluppare un libro simile. Non è una lettura sgradevole ma non è ciò che mi aspettavo dopo aver letto la quarta di copertina.

Voto: 2/5.

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C'era una citazione che non mi sono segnato ma che ricordo avrei voluto segnarmi. Purtroppo l'ho dimenticata e non la vedo tra quelle segnate da te. Era una frase decontestualizzata ma ho rimosso anche l'argomento. Dovrei riprenderlo in biblioteca per ritrovarla ma penso che non succederà mai...

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  • 5 settimane dopo...
haruki_murakami_la_strana_bibliotecca

Haruki Murakami - La strana biblioteca

ふしぎな図書館 Fushigi na toshokan (2005)


Giulio Einaudi editore, Torino, 2015,
traduzione di Antonietta Pastore,
illustrazioni di Lorenzo "LRNZ" Ceccotti,
14x22 cm, 73 pp.,
ISBN 9788806225889
[ LT | LU ]


Le biblioteche contengono storie. Le storie contengono universi. E certi universi possono essere molto pericolosi. Una fiaba misteriosa sul potere della lettura: liberarci dalla prigione dell'infelicità.

 

Letto per il LiF gennaio 2023!

 

Primo avvicinamento, per quanto mi riguarda, a Murakami e, in generale, alla letteratura nipponica, se escludo la fallimentare esperienza con Kenzaburo Oe, abbandonato molto presto in quanto risultatomi ostico, assai complicato da leggere (opinione non definitiva basata solo su un primo tentativo di lettura). Con Murakami, invece, le pagine si susseguono molto velocemente grazie a una lettura coinvolgente, che mi ha proiettato in un mondo che potrebbe tingersi delle accezioni del fantastico e del surreale, ma che tutto sommato, procedendo con la lettura, mi sono accorto essere molto simile al mondo reale nel momento in cui ho tradotto il simbolismo metaforico permeato nella storia. Con ciò non voglio dire che vi sia una chiave di lettura atta a spiegare le vicende narrate, ma è proprio qui il punto di forza di questo racconto: il lettore è libero di trovare la propria direzione dei sensi, può percorrere la strada immaginaria e immaginifica che più sente propria. Una libera e personale interpretazione. Questa abilità nel creare un mondo onirico, dove non risulta strano interloquire con un uomo-pecora o con una ragazza trasparente, mi ha ricordato quanto i giapponesi abbiano nel sangue questo particolare modo di utilizzare la fantasia; vedasi Hayao Miyazaki. Abilità veicolata dagli ottimi disegni di LRNZ, che non mi aspettavo di trovare qui; una gradita sorpresa! Meno gradito, invece, è stato pagare 15 euro per 73 pagine scritte a caratteri cubitali su carta patinata e copertina rigida. Sinceramente avrei preferito che questa storia venisse trattata come un racconto, quale è, preferendo l'uso di carta, copertina e font normali piuttosto che camuffarne le sembianze e piazzarlo in mezzo ai romanzi per venderlo al prezzo di questi ultimi. Rimane il fatto che vorrò approfondire Murakami!

Voto: 3+/5.

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  • 2 settimane dopo...

Ho finito "Confessioni di una coppia scambista al figlio morente".

Collezione di racconti dello scrittore comico/umoristico Alessandro Gori aka Lo Sgargabonzi.

Racconti no-sense, black humor, ma anche momenti di riflessione seri e intimisti.
Mi è piaciuto, ma non so a quanti lo cosniglierei, visto che si va spesso sul pesante o ci si perde in digressioni infinite.

 

Adesso ho iniziato "Foto mosse di famiglie immobili".

Il secondo libro di Valerio Lundini, anche questo una collezione di racconti.

Il primo mi aveva fatto crepare dal ridere, speriamo pure questo.

Modificato da JackShepard
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Non sono un amante delle raccolte di racconti. Quindi il primo non lo consigli. Vediamo se consigli questo secondo libro, considera però che non mi entusiasma la comicità di Lundini.

 

Io sto leggendo Il Problema dei Tre Corpi, ma sono fermo da un po', oramai dedico tempo alla lettura solo con gli audiolibri in macchina e lì sto ascoltando La Fata Carabina di Pennac, letta da Bisio. Su Pennac ho pareri contrastanti, non mi prende del tutto ma è abbastanza scorrevole a tratti gradevole. Però mi lascia poco.

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  • Game Master
52 minuti fa, absolute ha scritto:

Non sono un amante delle raccolte di racconti. Quindi il primo non lo consigli. Vediamo se consigli questo secondo libro, considera però che non mi entusiasma la comicità di Lundini.

 

Io sto leggendo Il Problema dei Tre Corpi, ma sono fermo da un po', oramai dedico tempo alla lettura solo con gli audiolibri in macchina e lì sto ascoltando La Fata Carabina di Pennac, letta da Bisio. Su Pennac ho pareri contrastanti, non mi prende del tutto ma è abbastanza scorrevole a tratti gradevole. Però mi lascia poco.

 

Sappi, con il solo scopo di farti sentire inferiore, che anche io tanto tempo f ormai, lessi la Fata Carabina (e poi anche il paradiso degli orchi) sempre di Pennac.

Ricordo solo che mi erano piaciuti entrambi, ma non mi ricordo minimamente di cosa parlassero.

 

Però la frase "pareri contrastanti" è bellissima. Potresti fare lo scrittore

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Io ho letto Il Paradiso degli Orchi anni fa e lo ricordo vagamente (nel frattempo dovrei anche aver visto il film, ma anche quello l'ho quasi totalmente rimosso). Ho visto che questo era il secondo capitolo del ciclo di Malaussene e ho voluto dargli una seconda possibilità. Ma penso che poi mi fermerò ancora perché non è il mio genere. Però Pennac scrive bene ed è sempre piacevole leggerlo (o ascoltarlo, nel mio caso). 

 

Io ho sempre pareri contrastanti, essendo rompiscatole per natura devo sempre oppormi ai pareri altrui, ma spesso anche ai miei.

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Strephon Kaplan-Williams - Il potere dei sogni

Dreamwork (1990)


Xenia Edizioni e Servizi, Milano, 2008,
traduzione di Christina Kutulaki e Anna Lamberti-Bocconi,
13x19,5 cm, 125 pp.,
ISBN 9788872730607
[ LT | LU ]


Viaggiare nei sogni per risvegliarsi alla vita: perché l’io possa liberarsi dei conflitti e servire la Fonte da cui i sogni provengono.
► All’origine del viaggio: gli Archetipi
► L’io, l’Inconscio e la Fonte dei sogni
► I sette modelli base del lavoro sui sogni
► Sogni e guarigione: una via verso il Sé.

 

A differenza di quel che un lettore che non conosce Kaplan-Williams e la sua filosofia si potrebbe aspettare circa il lavoro sui sogni, questo volume non aiuta a interpretare i sogni (né a fornire i numeri da giocare al lotto in base a quanto sognato, a tal scopo ci pensa già lo Stato a riempirsi le tasche a scapito dei cittadini) bensì ad attualizzarli. L'attualizzazione dei sogni è una pratica che permette di rivivere i sogni e assumere i loro contenuti nella vita di ogni giorno. Ciò per riassumere in poche parole la visione di Kaplan-Williams, e dei centri Jungian-Senoi che la praticano. Personalmente ero totalmente all'oscuro di tutto ciò ma rimasi colpito dal potenziale di evoluzione e crescita personale che uno studio con un approccio psico-filosofico sui propri sogni potesse apportare alla propria vita. Ben presto mi accorsi però che tale studio, in realtà, verteva verso un approccio mistico, onirico. Ed essendo io una persona profondamente scettica, più procedevo con la lettura e più perdevo l'interesse. Il libro, oltre a spiegare quali siano i poteri dei sogni, offre anche spiegazioni su come avviare un proprio percorso personale di studio, invitando persino ad affrontare alcuni compiti per addentrarsi nell'attuazione dei sogni. C'è del potenziale, lo ammetto, alcune teorie le ho trovate condivisibili, ma il tutto perde personalmente di credibilità giacché uno dei primi step consiste nel rientro nel sogno, e ciò avviene tramite "uno stato meditativo col quale si retrocede nel sogno, partendo dallo stato di veglia per rivivere il sogno più pienamente e dargli una soluzione", dandomi la sensazione che sia un gioco d'immaginazione olistico. Se sognare a occhi aperti fosse la soluzione ai propri problemi, sarei già l'uomo più completo e felice del mondo!

Voto: 2/5.

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  • 2 settimane dopo...

Ho finito "Foto mosse di famiglie immobili", secondo libro di Valerio Lundini.

Una raccolta di racconti umoristici, no-sense, deliranti, spiazzanti.

A me è piaciuto, ma non lo consiglierei, perché il primo libro, raccolta di racconti anch'esso, lo avevo apprezzato molto di più, quindi semmai suggerisco di iniziare da quello.

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  • 3 settimane dopo...
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Stig Dagerman - Ho remato per un lord

Lorden som jag rodde (1946)


Coconino Press Fandango, Roma, 2021,
traduzione di Gino Tozzetti, illustrazioni di Davide Reviati, postfazione di Goffredo Fofi,
25x17,5 cm, 125 pp.,
ISBN 9788876185724.
[ LT | LU ]


Uno dei più importanti autori del fumetto italiano e internazionale si confronta con un grande scrittore del Novecento. Davide Reviati affonda lo sguardo e il segno nelle atmosfere di Stig Dagerman, accompagnando la sua prosa asciutta e dolente con un racconto per immagini che ne moltiplica, ne amplifica e ne esalta le sfumature. Ho remato per un lord narra con lingua piana e dolorosa chiarezza la fine dell’infanzia di un ragazzino, un piccolo barcaiolo svedese, messo di fronte al tradimento dei suoi sogni e alla precoce presa di coscienza dell’ingiustizia e dei limiti della sua condizione. Un’epifania del passaggio all’età adulta, segnata dalle lacrime, ma senza rassegnazione o resa. Nel testo di Dagerman ogni parola ha una consistenza e un peso. E lo stesso accade per ogni segno, ogni onda e ogni ombra, per la luce bianca abbagliante e per i neri profondi nelle immagini di Reviati: disegni evocativi, struggenti e materici, che arricchiscono il racconto di nuovi strati di significato e ci trasportano nel mare aperto delle emozioni.

 

Breve, di una linearità esemplare e di una densità sconvolgente. Questa volta il tema è l'utopia e non la colpa, come per lo più si riscontra negli scritti di Dagerman. È la ricerca (ossessiva nel lord, e che lo diventerà per il ragazzo che rema per lui) dell'acqua verde che da qualche parte deve pur esserci, che è impossibile non ci sia. La verde acqua dell'armonia, della solidarietà tra gli uomini e la natura tutta, della libertà condivisa, della concordia, della pace... Basta cercarla, mai smettere di cercarla, quest'acqua, come si ostina il lord a tentare e come certamente continuerà a fare il ragazzo che rema. Ed è commovente che il ragazzo sia contagiato dal lord; che sia il lord, poco più adulto di lui ma con i mezzi per farlo, a cercare e a cercare: un lord, che è anche a ben vedere un "nemico di classe" ma è più addestrato e più pronto per quest'impresa, che ha maggiori possibilità di affrontarla, ha più mezzi non solo economici. Non conta lo status sociale, conta la febbre, l'esigenza, la spinta alla ricerca; conta la stella dell'utopia. Essenziale, non esplicito, racconto adolescente e racconto filosofico, racconto "politico", questa edizione ha trovato in Davide Reviati un illustratore d'eccezione, non solo per la maturità del segno e la suggestione delle atmosfere, il rapporto tra personaggi e ambiente, volti e mani e acqua e nuvole, ma soprattutto per l'adesione dell'illustratore alla tensione dello scrittore: una condivisione morale, filosofica e politica che si direbbe totale. Non so se in Svezia o altrove esistono edizioni di opere di Dagerman illustrate, mi sembra però improbabile che possano essercene di comparabili, di una densità e misura, di una suggestione e di una compenetrazione altrettanto piene e altrettanto ispirate. Reviati vi appare, più che un illustratore, come un fratello a distanza dell'autore, in un incontro in cui non contano le impossibilità imposte dal tempo e dallo spazio, dall'età e dalla lingua. Si direbbe che Davide abbia saputo riconoscere in Stig il suo Lord, colui che lo porta e lo riporta sulla più importante strada che dovremmo percorrere, per terra e per mare: quella della ricerca dell'acqua più verde, più pura, nel "sogno di una cosa" che non può e non deve avere mai fine.

Voto: 3,5/5.

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Ho letto Spatriati, il libro vincitore del Premio Strega 2022.

Osceno.

Parla di due ragazzi nati negli anni 80 che crescono in Puglia, non si sentono a loro agio nelle campagne pugliesi e cercano la loro identità e il loro posto nel mondo girando per l'Europa.

I personaggi sono artificiosi, pretenziosi, forzatamente intellettuali.

Vivono situazioni assurde che vengono spacciate per normalissime, compiono scelte insensate.

 

Leggetelo solo se volete ridere dell'autore, imho.

Modificato da JackShepard
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Io ho appena finito Omicidi in Inverno di Margaret Doody. Me l'avevano segnalata per il ciclo di gialli con Aristotele come investigatore (sì, quell'Aristotele) anche se questo aveva tutt'altra ambientazione. Che dire, lo stile non è pessimo, di sicuro sa scrivere e ha buone conoscenze (cita autori latini e via dicendo, senza problemi), ma a livello di storia lascia davvero a desiderare. Già non sono un grande amanti dei gialli, ho provato giusto per curiosità ma ho trovato il romanzo molto scialbo, poco originale e a tratti anche zoppicante. Personaggi mediocri e per niente sviluppati, intreccio inesistente, quando arrivi allo spiegone finale (tipico dei gialli) non noti quasi la differenza col resto perché è un resoconto di eventi come la parte precedente, solo che non ci sono in mezzo gli inutili dialoghi dei personaggi secondari. Davvero una delusione. L'ho finito ieri e già stento a ricordare di che parla.

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La scatola di bottoni di Gwendy (Stephen King e Richard Chizmar)

 

Per tutto il tempo sembra che debba succedere qualcosa e poi non succede nulla (o meglio succede qualcosa ma non si capisce perché). Cioè immagino che il tentativo fosse quello di scrivere una roba che ti tenga sulle spine fino all'adrebalina finale (?).... però bisogna saperla scrivere una cosa del genere, certamente non con lo stile del libro che sembra una cosa per bambini ma uscita male.

Personaggi noiosissimi.

Bigottismo intrinseco.

95% del tempo parla della vita della protagonista che da bambina bullizzata passa ad essere una figa pazzesca: e te stai lì a dire ok, ma succederà qualcosa adesso no? No.

 

Peggior libro che ricordo di aver letto.

Fra l'altro ho visto che Stephen King (di cui non é che ora sono molto motivato a leggere altro) ha scritto centinaia di libri, secondo voi é possibile che sia veramente tutta farina del suo sacco?

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30 minutes ago, Mirtillo said:

La scatola di bottoni di Gwendy (Stephen King e Richard Chizmar)

 

Per tutto il tempo sembra che debba succedere qualcosa e poi non succede nulla (o meglio succede qualcosa ma non si capisce perché). Cioè immagino che il tentativo fosse quello di scrivere una roba che ti tenga sulle spine fino all'adrebalina finale (?).... però bisogna saperla scrivere una cosa del genere, certamente non con lo stile del libro che sembra una cosa per bambini ma uscita male.

Personaggi noiosissimi.

Bigottismo intrinseco.

95% del tempo parla della vita della protagonista che da bambina bullizzata passa ad essere una figa pazzesca: e te stai lì a dire ok, ma succederà qualcosa adesso no? No.

 

Peggior libro che ricordo di aver letto.

Fra l'altro ho visto che Stephen King (di cui non é che ora sono molto motivato a leggere altro) ha scritto centinaia di libri, secondo voi é possibile che sia veramente tutta farina del suo sacco?

King ha scritto capolavori di genere dagli anni 70 fino a metà-fine anni 90.

Le cose scritte dopo sono per la maggior parte riempitivi per continuare a fare soldi.


Questo non è nemmeno scritto interamente da lui a quanto dici, quindi non fatico a credere che sia una mezza cialtronata.

 

Se vuoi leggere qualcosa di valido di King inizia da Pet Semetary se vuoi qualcosa breve o sennò direttamente da IT o L'Ombra dello Scorpione per cose più lunghe.

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  • 2 settimane dopo...

Il Campo di Nessuno (Daniel Picouly)

 

Il protagonista è un bambino di dieci anni, undicesimo di tredici figli. 

Il libro racconta di una sua giornata, dalla mattina alla sera; parallelamente racconta della sua intera vita, tramite una quantità di flashback, divagazioni, fantasie, sufficiente a far cascare tutti i capelli ad Aristotele.

Ovviamente l'ambientazione, una periferia francese degli anni '50 sullo sfondo della guerra d'Algeria, é centrale nel racconto: è proprio, credo, qualcosa che scatena l'immaginazione tanto ricca e variegata del protagonista.

 

Ciò che più mi ha stupito di questo libro scritto in prima persona è il fatto che, leggendolo, sembra di essere veramente dentro la testa di un bambino.

A dirla tutta, descrive bene quel processo mentale tipico dei bambini, ma presente in tutti noi, per cui una frase, un'immagine, un frammento, è come un portale che apre ad un intero mondo. Non mi viene un modo chiaro di definirlo, ma penso di aver reso l'idea.

D'altronde, non mi sorprende che l'autore stesso l'abbia definito un racconto autobiografico al 98,94%.

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  • 2 settimane dopo...
emmanuel-carrere-i-baffi

Emmanuel Carrère - I baffi

La Moustache (1986)


Adelphi Edizioni, Milano, 2020,
traduzione di Maurizia Balmelli
14x22 cm, 149 pp.,
ISBN 9788845934599.


È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo – lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie – in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l’una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro – in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto con illuminante finezza – senza un brivido di turbamento.

 

Si parte: il lettore viene immerso nei meandri della mente di un personaggio, senza nome, al quale, sembrerebbe, la moglie giocherellona sta facendogli uno scherzo, convincendolo che non s'è accorta del taglio drastico dei baffi del marito perché... non ha mai avuto i baffi! Deve trattarsi per forza di questo, di una burla. I pensieri del protagonista ci convincono che la moglie è capace di inscenare scherzi ben elaborati coinvolgendo anche gli amici a reggere il gioco. Però il gioco è bello finché dura poco e ora inizia a diventare pesante. Ma si tratta davvero di un gioco? Il dubbio arriva, vorace, e distrugge tutto: il rapporto con la moglie, le amicizie, il lavoro, la famiglia... Carrère è abile nel descrivere il tormento di un protagonista incapace di capire sé stesso, o che forse si scopre ora per la prima volta preda di un'enorme menzogna, alla ricerca di uno straccio di prova, che possa preferibilmente dargli ragione, ma in fondo si accontenterebbe anche di una prova a sfavore, purché sia un prova che porti a una qualche spiegazione. Ed è drammatico vivere insieme al protagonista questo sconforto, senza più alcun punto di riferimento fisico o mentale al quale potersi aggrappare. Il rischio d'impazzire è alto. Ma nessuno è pazzo. Tutti sono pazzi. E allora non rimane che scappare, lontano, ricominciare; trovare conforto in gesti abitudinali, ripetitivi. Dimenticare. Ma chi siamo davvero di fronte a quello specchio? La domanda rimane. Il dubbio rimane... in un finale che è auto-affermazione di sé stessi e negazione al contempo. E io? Io, lettore, sono davvero sicuro di chi sono?

Voto: 4,5/5.

 

QUI ho raccolto un po' di citazioni:

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  • 2 settimane dopo...

20th Century Boys: Maybe Don't Take a Leap of Faith – Religion in Popular  Culture Lab

 

Complice la nuova edizione della Panini Comics ho finalmente potuto leggere il rinomato 20th Century Boys.

 

E' un thriller/giallo ambientato nel Giappone degli anni 2000 e narra le vicende di un gruppo molto ampio di persone sulla trentina i quali, a loro insaputa, sono tutti ancora legati a qualcosa che è successo quando facevano le elementari. E che avrà conseguenze molto drammatiche nel presente.

Un tema portante dell'opera, infatti, è che in età adulta siamo tutti influenzati da come trascorrevamo le giornate a quell'età: i nostri interessi, i nostri amici, chi ci trattava male, ecc.

Non posso anticipare molto di più, perché il senso di curiosità e i vari misteri sono tra i motori principali dell'opera.

In ogni caso posso dire che, oltre all'elemento thriller, fortemente presente, non mancano una marea di momenti commoventi e nostalgici.

Ed è ricco di personaggi a cui affezionarsi.

Mi è piaciuto molto e anche la risoluzione dei vari misteri, che non sono il punto principale del racconto, l'ho trovata soddisfacente.

 

Penso di averlo apprezzato molto anche perché l'ho letto tutto di fila.

Non oso immaginare chi l'ha letto in contemporanea alle uscite giapponesi, visto che è stato serializzato per 7 anni.

Sui vari thread a riguardo che mi è capitato di leggere capita un sacco di trovare utenti che non hanno idea di chi sono alcuni personaggi che ogni tanto risaltano fuori e che magari l'ultima volta erano apparsi 2-3 anni fa. Leggendo tutto di fila questo non capita, è facilissimo ricordarsi tutto.

 

Di Urasawa avevo già letto Monster, sempre un mistery/thriller.

C'è dire che in Monster e in questo 20th Century Urasawa usa gli stessi trucchetti per evitare di risolvere subito i misteri, per aggiungere carne al fuoco e per creare nuove situazioni da raccontare. Ma l'argomento affrontato in 20th Century l'ho trovato molto più coinvolgente ed emozionante, per cui, anche se Monster mi era piaciuto, tra i due consiglierei sicuramente 20th Century.

 

Ultimo commento "curioso": in questa nuova ristampa deluxe Panini, Urasawa ha aggiunto al finale 4 pagine inedite.

Beh, le 4 pagine inedite cambiano totalmente la risoluzione di uno dei misteri principali rispetto al finale originale.

Il finale nuovo è affascinante, ma a me piace più il vecchio e lo trovo più funzionante, per cui questa mossa di aggiungere 4 paginette mi sembra più un'operazione commerciale, che un qualcosa da apprezzare.

Avrei preferito avere l'opera originale che queste 4 pagine in più alla fine, anche perché nei volumi non c'è scritto da nessuna parte che questo è un finale nuovo e che per 20 anni il finale conosciuto da tutti era un altro.

Però chissà, magari più avanti, cambierò idea...

Modificato da JackShepard
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Anche io l'ho letto tutto di fila e capisco le difficoltà di chi l'abbia letto mentre usciva. Non è il genere che preferisco, ad esempio io ho apprezzato molto di più Monster, che resta tra i miei preferiti di sempre. Onestamente non me lo ricordo più benissimo, ma sarei curioso di vedere questo finale alternativo.

 

Sempre di Urasawa ho letto anche Pluto (che non conoscendo Astroboy non ho apprezzato) e Billy Bat. Quest'ultimo l'ho trovato appassionante quanto 20th Century Boys e Monster. Lo consiglio.

 

Poi ho abbandonato l'anime di Master Keaton, non ho letto il manga ma in genere le trasposizioni sono molto fedeli. Quindi non penso mi piacerebbe.

 

 

Per quanto mi riguarda, invece, ho appena finito l'ultimo romanzo di Amelie Nothomb, Il Libro delle Sorelle. Non è brutto e leggo sempre ogni romanzo che pubblica regolarmente con cadenza annuale. Tuttavia penso si sia un po' arenata e non trovo più grande originalità come nelle sue prime opere.

 

Ora spero di finire Il Problema dei Tre Corpi di Liu Cixin che sto portando avanti da mesi e spero di concludere a breve, è un periodo che stento a trovare l'ispirazione per dedicarmi un paio d'ore di fila alla lettura e vado avanti quasi solo ad audiolibri mentre guido.

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1 hour ago, absolute said:

Anche io l'ho letto tutto di fila e capisco le difficoltà di chi l'abbia letto mentre usciva. Non è il genere che preferisco, ad esempio io ho apprezzato molto di più Monster, che resta tra i miei preferiti di sempre. Onestamente non me lo ricordo più benissimo, ma sarei curioso di vedere questo finale alternativo.

 

Sempre di Urasawa ho letto anche Pluto (che non conoscendo Astroboy non ho apprezzato) e Billy Bat. Quest'ultimo l'ho trovato appassionante quanto 20th Century Boys e Monster. Lo consiglio.

 

Poi ho abbandonato l'anime di Master Keaton, non ho letto il manga ma in genere le trasposizioni sono molto fedeli. Quindi non penso mi piacerebbe.

Sì anche io avevo letto Pluto e sebbene mi sia piaciuto non sono riuscito ad esaltarmi come tanti commenti che trovo in rete, probabilmente perché non riesco a cogliere gli infiniti rimandi e citazioni ad Astroboy.

 

Di Billy Bat ho sentito parlare sia bene che male, se tu ne parli bene mi sa che può essere il prossimo manga che leggo.

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  • 4 settimane dopo...

Ho letto Picnic sul ciglio della strada, libro russo del 1972.

Beh, l'ho approcciato senza saperne nulla solo perché ne è uscita una nuova edizione con le illustrazioni di un fumettista che seguo, ma ho scoperto essere un caposaldo dei romanzi di fantascienza e che ne è stato tratto un film famosissimo anch'esso (intitolato Stalker, anche di questo ignoravo totalmente l'esistenza).

Il libro è anche famoso perché inizialmente era stato pubblicato con forti censure dal regime russo, il quale lo riteneva disturbante per i giovani lettori.

 

Il libro è ambientato grossomodo ai giorni nostri, ma nel racconto viene immaginato che in varie zone della Terra siano precipitati dal nulla manufatti alieni.

Questi manufatti hanno modificato le aree vicino a dove sono caduti, rendendole pericolosissime per l'uomo: popolate da fantasmi, apparizioni irrazionali, pericoli letali.

Solo alcuni disperati, gli Stalker, hanno il coraggio di entrare in queste zone per recuperare i manufatti alieni da rivendere al miglior offerente.

 

Mi è piaciuto molto, il suo punto di forza è fare molta introspeszione sullo Stalker protagonista: un uomo triste e sconfitto dalla vita, che però non si perde d'animo e cerca di combattere l'ignoto.

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Devi assolutamente recuperare anche il film, capolavoro indiscusso. Piuttosto diverso, si concentra più sui personaggi e meno sull'ambiente, a differenza del romanzo. Si tratta di un classico caso di film che si discosta dall'originale ma che rimane di altissimo livello (tipo Blade Runner).

 

Il romanzo è molto interessante, come dici, fa parte di quella fantascienza russa che va più sul filosofico. Ricorda un po' Lem (infatti Tarkovskij ha adattato entrambi, con Solaris, Lem, e con Stalker, gli Steugackij), anche se è un sottogenere di fantascienza che non tutti apprezzano. Proposi la lettura di Solaris nel gruppo di lettura qui sul forum e lo trovarono tutti noioso.

Questo Picnic sul Ciglio della Strada è di sicuro più accattivante, ma l'introspezione e l'approfondimento, a tratti allegorico e metaforico, della società del libro con paralleli su quella contemporanea, lo rende una lettura non immediata. Ma concordo col dire che con la giusta predisposizione rimane un gran romanzo.

 

Io invece sono un po' in crisi. Col fatto che oramai ascolto almeno un'ora e mezza di audiolibri al giorno in macchina, non ho molto tempo per sedermi a leggere il cartaceo. Avevo provato a riprendere in mano I Demoni di Dostoevskij, ma è da giorni che sono fermo a pagina 10. Tra l'altro è appena uscita la traduzione italiana di Only Revolutions di Danielewski. Mi sa che proverò a leggere prima quest'ultimo. Di sicuro non sarà entusiasmante come Casa di Foglie (che straconsiglio a tutti), ho anche letto delle recensioni che hanno già smorzato l'entusiasmo, ma rimane un autore che sa sempre stupire.

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