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ZecK_Hartia

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Reputazione Forum

  1. ciao Zeck grazie della segnalazione! (Al momento abbiamo un problema strutturale, ho smesso di rimuovere i boh uno ad uno finché non riusciamo a risolvere alla fonte) 

    torna a scrivere qualcosa ogni tanto, la sezione libri è vuota senza di te!

  2. ZecK_Hartia

    Scelta Libro GdL

    In effetti la mia versione è un po' datata, e contiene solo Uova fatali. Se dici che nelle più recenti edizioni si trova insieme a Cuore di cane, e che di per sé risultano entrambi veloci da leggere, si può proporre la lettura di entrambi i racconti. Io non ho problemi a recuperare anche quest'ultimo. In ogni caso rimango aperto ad altre proposte, tue comprese; fa niente se l'ultimo libro letto è stato proposto da te: se torniamo a scegliere un tuo titolo significa che sei un buon propositore! ;-)
  3. In mezzo al pogo mi si vede!
  4. ZecK_Hartia

    Scelta Libro GdL

    Continuo sul filone dei libri al di sotto delle 200-250 pagine ('ché mi risultano più facilmente affrontabili) proponendo un libro che non rientra pienamente nelle mie corde ma che mi è capitato sottomano e mi ha quantomeno incuriosito: Michail Bulgakov - Uova fatali.
  5. Emmanuel Carrère - I baffi La Moustache (1986) Adelphi Edizioni, Milano, 2020, traduzione di Maurizia Balmelli 14x22 cm, 149 pp., ISBN 9788845934599. È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo – lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie – in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l’una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro – in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto con illuminante finezza – senza un brivido di turbamento. Si parte: il lettore viene immerso nei meandri della mente di un personaggio, senza nome, al quale, sembrerebbe, la moglie giocherellona sta facendogli uno scherzo, convincendolo che non s'è accorta del taglio drastico dei baffi del marito perché... non ha mai avuto i baffi! Deve trattarsi per forza di questo, di una burla. I pensieri del protagonista ci convincono che la moglie è capace di inscenare scherzi ben elaborati coinvolgendo anche gli amici a reggere il gioco. Però il gioco è bello finché dura poco e ora inizia a diventare pesante. Ma si tratta davvero di un gioco? Il dubbio arriva, vorace, e distrugge tutto: il rapporto con la moglie, le amicizie, il lavoro, la famiglia... Carrère è abile nel descrivere il tormento di un protagonista incapace di capire sé stesso, o che forse si scopre ora per la prima volta preda di un'enorme menzogna, alla ricerca di uno straccio di prova, che possa preferibilmente dargli ragione, ma in fondo si accontenterebbe anche di una prova a sfavore, purché sia un prova che porti a una qualche spiegazione. Ed è drammatico vivere insieme al protagonista questo sconforto, senza più alcun punto di riferimento fisico o mentale al quale potersi aggrappare. Il rischio d'impazzire è alto. Ma nessuno è pazzo. Tutti sono pazzi. E allora non rimane che scappare, lontano, ricominciare; trovare conforto in gesti abitudinali, ripetitivi. Dimenticare. Ma chi siamo davvero di fronte a quello specchio? La domanda rimane. Il dubbio rimane... in un finale che è auto-affermazione di sé stessi e negazione al contempo. E io? Io, lettore, sono davvero sicuro di chi sono? Voto: 4,5/5. QUI ho raccolto un po' di citazioni:
  6. Ce l'ho fatta, eccomi! Si parte: il lettore viene immerso nei meandri della mente di un personaggio, senza nome, al quale, sembrerebbe, la moglie giocherellona sta facendogli uno scherzo, convincendolo che non s'è accorta del taglio drastico dei baffi del marito perché... non ha mai avuto i baffi! Deve trattarsi per forza di questo, di una burla. I pensieri del protagonista ci convincono che la moglie è capace di inscenare scherzi ben elaborati coinvolgendo anche gli amici a reggere il gioco. Però il gioco è bello finché dura poco e ora inizia a diventare pesante. Ma si tratta davvero di un gioco? Il dubbio arriva, vorace, e distrugge tutto: il rapporto con la moglie, le amicizie, il lavoro, la famiglia... Carrère è abile nel descrivere il tormento di un protagonista incapace di capire se stesso, o che forse si scopre ora per la prima volta preda di un'enorme menzogna, alla ricerca di uno straccio di prova, che possa preferibilmente dargli ragione, ma in fondo si accontenterebbe anche di una prova a sfavore, purché sia un prova che porti a una qualche spiegazione. Ed è drammatico vivere insieme al protagonista questo sconforto, senza più alcun punto di riferimento fisico o mentale al quale potersi aggrappare. Il rischio d'impazzire è alto. Ma nessuno è pazzo. Tutti sono pazzi. E allora non rimane che scappare, lontano, ricominciare; trovare conforto in gesti abitudinali, ripetitivi. Dimenticare. Ma chi siamo davvero di fronte a quello specchio? La domanda rimane. Il dubbio rimane... in un finale che è auto-affermazione di sé stessi e negazione al contempo. Mi è piaciuto tantissimo il modo di scrivere di Carrère e di veicolarmi in quanto lettore: dapprima pensavo davvero si trattasse di uno scherzone di Agnès, ma d'altronde non poteva essere così semplice la vicenda, quindi mi sono schierato dalla parte di lei, pensando che il protagonista fosse davvero pazzo. Poi mi è stata fornita qualche prova di ciò quando Agnès ha rivelato che il padre del protagonista era morto da un anno e che tale ammanco lo aveva particolarmente colpito. Ho persino pensato che potesse avere una malattia mentale, che lo portasse a immaginare cose sino al punto di considerarle vere, come per esempio il viaggio a Giava. E se anche Agnès fosse un'immaginazione? Nella seconda metà del libro mi ero abituata a non avere più Agnès intorno, e poi eccola che dal nulla ricompare, improvvisamente, inspiegabilmente, illogicamente, impossibilmente. Allora è davvero pazzo, allora tutto ciò che ho pensato facesse parte della sua vita potrebbe non essere la realtà. Era veramente un architetto? Abitava veramente in Francia? E io? Io, lettore, sono davvero sicuro di chi sono? Ora inizio a leggere i vostri commenti! Personalmente non ho avvertito un calo di tensione, fino alla fine del libro mi ha tenuto sulle spine non facendomi capire da che parte fosse la verità. Fino all'ultimo, un po' come il protagonista, ero alla continua ricerca di una prova che smentisse la pazzia. Certamente Carrère non lascia comprendere granché, comprendo che per taluni possa essere sintomo di confusione, disordine, inconclusione, dispersione; per me invece è una porta alla mente, a quel che posso e voglio immaginarmi, senza necessariamente veicolarmi a un messaggio prestabilito. A me è piaciuto tanto, l'ho votato 9/10, ma ammetto che mi piacciono i trip incomprensibili, mi piace non capirci niente, mi piace fingere di averci capito qualcosa e poi non saperla spiegare. Non mi è piaciuto. Capito?
  7. Io! Speravo di finirlo ieri in treno ma mi sono addormentato, eheh! In settimana dovrei riuscire a terminarlo, sebbene mi sia incastrato così bene una serie di appuntamenti da non avere nemmeno il tempo per riprendere fiato, sob! (Difatti vi sto scrivendo dal lavoro - perché il PC a casa nemmeno riesco più ad accenderlo - da una piccola finestrina del browser ridotta e nascosta per non farmi scoprire!) Per il momento sto evitando di leggere i vostri commenti a riguardo del libro per non essere influenzato e non incappare in spoiler! Quanto prima mi accoderò alle riflessioni qui nel thread. ;-)
  8. Oppure si stampa sulla stampante aziendale, pagata dall'azienda, con cartucce pagate dall'azienda e carta pagata dall'azienda.
  9. In concerto sabato 25/03 a Bologna, qualora foste interessati!
  10. Stig Dagerman - Ho remato per un lord Lorden som jag rodde (1946) Coconino Press Fandango, Roma, 2021, traduzione di Gino Tozzetti, illustrazioni di Davide Reviati, postfazione di Goffredo Fofi, 25x17,5 cm, 125 pp., ISBN 9788876185724. [ LT | LU ] Uno dei più importanti autori del fumetto italiano e internazionale si confronta con un grande scrittore del Novecento. Davide Reviati affonda lo sguardo e il segno nelle atmosfere di Stig Dagerman, accompagnando la sua prosa asciutta e dolente con un racconto per immagini che ne moltiplica, ne amplifica e ne esalta le sfumature. Ho remato per un lord narra con lingua piana e dolorosa chiarezza la fine dell’infanzia di un ragazzino, un piccolo barcaiolo svedese, messo di fronte al tradimento dei suoi sogni e alla precoce presa di coscienza dell’ingiustizia e dei limiti della sua condizione. Un’epifania del passaggio all’età adulta, segnata dalle lacrime, ma senza rassegnazione o resa. Nel testo di Dagerman ogni parola ha una consistenza e un peso. E lo stesso accade per ogni segno, ogni onda e ogni ombra, per la luce bianca abbagliante e per i neri profondi nelle immagini di Reviati: disegni evocativi, struggenti e materici, che arricchiscono il racconto di nuovi strati di significato e ci trasportano nel mare aperto delle emozioni. Breve, di una linearità esemplare e di una densità sconvolgente. Questa volta il tema è l'utopia e non la colpa, come per lo più si riscontra negli scritti di Dagerman. È la ricerca (ossessiva nel lord, e che lo diventerà per il ragazzo che rema per lui) dell'acqua verde che da qualche parte deve pur esserci, che è impossibile non ci sia. La verde acqua dell'armonia, della solidarietà tra gli uomini e la natura tutta, della libertà condivisa, della concordia, della pace... Basta cercarla, mai smettere di cercarla, quest'acqua, come si ostina il lord a tentare e come certamente continuerà a fare il ragazzo che rema. Ed è commovente che il ragazzo sia contagiato dal lord; che sia il lord, poco più adulto di lui ma con i mezzi per farlo, a cercare e a cercare: un lord, che è anche a ben vedere un "nemico di classe" ma è più addestrato e più pronto per quest'impresa, che ha maggiori possibilità di affrontarla, ha più mezzi non solo economici. Non conta lo status sociale, conta la febbre, l'esigenza, la spinta alla ricerca; conta la stella dell'utopia. Essenziale, non esplicito, racconto adolescente e racconto filosofico, racconto "politico", questa edizione ha trovato in Davide Reviati un illustratore d'eccezione, non solo per la maturità del segno e la suggestione delle atmosfere, il rapporto tra personaggi e ambiente, volti e mani e acqua e nuvole, ma soprattutto per l'adesione dell'illustratore alla tensione dello scrittore: una condivisione morale, filosofica e politica che si direbbe totale. Non so se in Svezia o altrove esistono edizioni di opere di Dagerman illustrate, mi sembra però improbabile che possano essercene di comparabili, di una densità e misura, di una suggestione e di una compenetrazione altrettanto piene e altrettanto ispirate. Reviati vi appare, più che un illustratore, come un fratello a distanza dell'autore, in un incontro in cui non contano le impossibilità imposte dal tempo e dallo spazio, dall'età e dalla lingua. Si direbbe che Davide abbia saputo riconoscere in Stig il suo Lord, colui che lo porta e lo riporta sulla più importante strada che dovremmo percorrere, per terra e per mare: quella della ricerca dell'acqua più verde, più pura, nel "sogno di una cosa" che non può e non deve avere mai fine. Voto: 3,5/5. QUI ho raccolto un po' di citazioni:

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