Ce l'ho fatta, eccomi!
Si parte: il lettore viene immerso nei meandri della mente di un personaggio, senza nome, al quale, sembrerebbe, la moglie giocherellona sta facendogli uno scherzo, convincendolo che non s'è accorta del taglio drastico dei baffi del marito perché... non ha mai avuto i baffi! Deve trattarsi per forza di questo, di una burla. I pensieri del protagonista ci convincono che la moglie è capace di inscenare scherzi ben elaborati coinvolgendo anche gli amici a reggere il gioco. Però il gioco è bello finché dura poco e ora inizia a diventare pesante. Ma si tratta davvero di un gioco? Il dubbio arriva, vorace, e distrugge tutto: il rapporto con la moglie, le amicizie, il lavoro, la famiglia... Carrère è abile nel descrivere il tormento di un protagonista incapace di capire se stesso, o che forse si scopre ora per la prima volta preda di un'enorme menzogna, alla ricerca di uno straccio di prova, che possa preferibilmente dargli ragione, ma in fondo si accontenterebbe anche di una prova a sfavore, purché sia un prova che porti a una qualche spiegazione. Ed è drammatico vivere insieme al protagonista questo sconforto, senza più alcun punto di riferimento fisico o mentale al quale potersi aggrappare. Il rischio d'impazzire è alto. Ma nessuno è pazzo. Tutti sono pazzi. E allora non rimane che scappare, lontano, ricominciare; trovare conforto in gesti abitudinali, ripetitivi. Dimenticare. Ma chi siamo davvero di fronte a quello specchio? La domanda rimane. Il dubbio rimane... in un finale che è auto-affermazione di sé stessi e negazione al contempo.
Mi è piaciuto tantissimo il modo di scrivere di Carrère e di veicolarmi in quanto lettore: dapprima pensavo davvero si trattasse di uno scherzone di Agnès, ma d'altronde non poteva essere così semplice la vicenda, quindi mi sono schierato dalla parte di lei, pensando che il protagonista fosse davvero pazzo. Poi mi è stata fornita qualche prova di ciò quando Agnès ha rivelato che il padre del protagonista era morto da un anno e che tale ammanco lo aveva particolarmente colpito. Ho persino pensato che potesse avere una malattia mentale, che lo portasse a immaginare cose sino al punto di considerarle vere, come per esempio il viaggio a Giava. E se anche Agnès fosse un'immaginazione? Nella seconda metà del libro mi ero abituata a non avere più Agnès intorno, e poi eccola che dal nulla ricompare, improvvisamente, inspiegabilmente, illogicamente, impossibilmente. Allora è davvero pazzo, allora tutto ciò che ho pensato facesse parte della sua vita potrebbe non essere la realtà. Era veramente un architetto? Abitava veramente in Francia? E io? Io, lettore, sono davvero sicuro di chi sono?
Ora inizio a leggere i vostri commenti!
Personalmente non ho avvertito un calo di tensione, fino alla fine del libro mi ha tenuto sulle spine non facendomi capire da che parte fosse la verità. Fino all'ultimo, un po' come il protagonista, ero alla continua ricerca di una prova che smentisse la pazzia.
Certamente Carrère non lascia comprendere granché, comprendo che per taluni possa essere sintomo di confusione, disordine, inconclusione, dispersione; per me invece è una porta alla mente, a quel che posso e voglio immaginarmi, senza necessariamente veicolarmi a un messaggio prestabilito.
A me è piaciuto tanto, l'ho votato 9/10, ma ammetto che mi piacciono i trip incomprensibili, mi piace non capirci niente, mi piace fingere di averci capito qualcosa e poi non saperla spiegare. Non mi è piaciuto. Capito?